Per molti anni Torino è stata la vera capitale italiana dell’arte contemporanea. Il museo del Castello di Rivoli, istituzione di livello europeo, finanziato soprattutto dalla Regione (80%) e dalla Fondazione Crt, ha avuto un ruolo d’avanguardia. Oggi la crisi è profonda. Una serie di scelte sbagliate ne ha compromesso credibilità e capacità d’azione. Adesso stanno scadendo i mandati del discusso presidente Giovanni Minoli e della direttrice superstite Beatrice Merz, dimesso da sette mesi l’altro direttore Andrea Bellini, che ha preferito il museo di Ginevra. Rivoli è di fatto senza vertici.
Qualcuno parla di un suicidio in corso. Resta la Galleria civica d’arte moderna, museo «storico» con una ricca collezione costretta in spazi da tempo inadeguati, rivitalizzata dal direttoreDanilo Eccher. La realtà più viva è diventata Artissima, la fiera internazionale d’arte contemporanea che quest’anno ha avuto grande successo internazionale. «Oggi l’immagine di Torino come città del contemporaneo è certo più opaca», dice Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, collezionista, presidente della fondazione che porta il suo nome con un magnifico spazio espositivo che organizza mostre importanti. Il suo è un osservatorio privilegiato: fa parte dell’International Council della Tate Gallery di Londra e del MoMA di New York. «La gente, spiega, si chiede che cosa stia succedendo a Torino e soprattutto a Rivoli. È strano, ma proprio Artissima è diventata il centro propulsore del sistema. È una fiera di ricerca, sono arrivati nuovi acquirenti, più giovani, senza tanti soldi. Il futuro del collezionismo». L’idea della Sandretto è legata all’educazione, alla formazione, per puntare a restare una «città laboratorio». A questo si dedica soprattutto con la sua fondazione. Anche per lei la crisi è pesante. «Forse, riflette, si è esagerato con i contenitori. Non possiamo più pensare di salvare tutto, la politica deve fare delle scelte».