Quando si tratta di offrire prodotti di qualità l’HBO è sempre una garanzia, l’emittente americana che negli anni ha dato vita a successi planetari come True Blood, Oz, Six Feet Under e Boardwalk Empire, solo per citarne alcuni, anche nella stagione appena conclusa non è stata da meno dando luce ad una delle serie televisive più interessanti degli ultimi decenni: True Detective.
La serie, che negli Stati Uniti si è conclusa a marzo con una durata di otto episodi, in Italia arriverà questo settembre grazie a Sky Atlantic, è stata ideata e scritta da Nic Pizzolato per la regia di Cary Fukunaga. Concepita come una serie antologica, vedrà un cambiamento di cast e una differente linea narrativa in ogni sua stagione.
In quella appena conclusa, Pizzolato ci racconta le vite di due detective: Martin Hart (interpretato da Woody Harrelson) e Rust Cohle (interpretato dal fresco premio Oscar Matthew McConaughey), attraverso tre linee temporali: quella del 1995 dove i due inizieranno a lavorare insieme, quella del 2002 dove prenderanno due strade diverse ed infine quella del 2012 dove inevitabilmente dovranno ritrovarsi. Punto cardine per tutta la durata della serie è l’indagine condotta su un serial killer con un modus operandi di stampo satanista e mistico nei confronti di donne e bambini.
Il successo di quest’opera è sicuramente l’incontro di tre aspetti importanti: il primo che vede un’accurata scrittura da parte di Pizzolato, affiancato da una regia e una fotografia invidiabili persino per il grande cinema hollywoodiano; il secondo la scelta delle location presenti in una Louisiana dai tratti cupi e noir che ricorda spesso i lavori di David Lynch; e infine l’ennesima prova recitativa da parte di McConaughey che incarna un personaggio borderline su cui aleggia costantemente un alone di mistero e che fin dai primi minuti si intuisce di come sia stato speso diverso tempo nel dargli una caraterrizzazione degna dei migliori personaggi cinematografici.
La tematica di fondo ricorda oltre Twin Peaks, anche altri successi del piccolo e grande schermo, da Il silenzio degli innocenti a Seven passando per la serie The Killing. Aspetto interessante che ne fa un’opera unica nel suo genere è il forte richiamo a tematiche religiose e filosofiche, il personaggio di Rust inoltre lascia trasparire nei suoi strambi discorsi un’influenza nichilista e pessimista degna dei migliori Heidegger e Leopardi; ed è la sua contrapposizione con il personaggio di Martin, che in un primo momento appare come il classico brav’uomo americano, ad alimentare una certa simbiosi costantemente negata fra i due.
Quello che è certo è che al prossimo passaggio in premiazioni come i Golden Globe e gli Emmy ci sarà una razzia di premi in ogni aspetto della produzione, mentre l’unica paura è che a settembre, al suo arrivo in Italia, il doppiaggio rischi di intaccare le interpretazioni dei personaggi, perfette sotto ogni punto di vista, a partire proprio dai serrati dialoghi.
Il futuro della serie, rinnovata per una seconda stagione, invece potrebbe vedere come protagonista Colin Farrell, al momento più attivo sul grande schermo.